Genesi 30:8: אֱלֹהִ֧ים (ĕ·lō·hîm) Dio o tremende?

Un versetto contorto!

In quest’articolo trattiamo uno dei versetti più discussi del vecchio testamento. Il motivo è semplice, in questo versetto ci sono veramente molte particolarità che l’hanno reso, nei secoli, difficile da tradurre e quindi interpretare. Il versetto in questione è Genesi 30:8, e risulta molto dibattuto per l’uso di alcuni termini al suo interno. Nello specifico i vocaboli che mettono in crisi sono:

  • אֱלֹהִ֧ים (ĕ·lō·hîm) > il termine tradotto in italiano con Dio
  • פְתּוּלֵ֨י (nap̄·tū·lê) > il termine tradotto in italiano con combattimenti, lotte, lotta, ecc
  • נִפְתַּ֛לְתִּי (nip̄·tal·tî) > il termine tradotto in italiano con “io ho combattuto”
  • נַפְתָּלִֽי (nap̄·tā·lî) > il termine non viene tradotto perché è nome di persona e viene traslitterato Naphtali

Lasciamo stare, in quest’articolo, l’immenso dibattito riguardante il lemma Elohim, tradotto dalla tradizione come Dio (per un maggiore approfondimento consiglio caldamente di leggere sia i libri di Mauro Biglino, sia “Iside Svelata” di Helena P. Blavatsky, la quale già a fine ‘800 trattava il tema Elohim con dovizia d’indicazioni riguardanti il vero significato del termine). A noi interessa, al fine di analizzare questo versetto, comprendere perché qui si preferisce evitare la classica relazione Elhoim = Dio, adoperando parole quali “grande, tremendo, ecc”. Alcune note introduttive per comprendere meglio l'articolo: il termine Elohim è la concordanza numero 430 dei lemmi biblici ed è ripetuta, con tutte le sue varianti, 2598 volte, sempre tradotte con il termine Dio, eccezion fatta per alcune situazioni (pochissime), ma comunque presenti. In percentuale non arriviamo all’1%! Di conseguenza la domanda è: com'è possibile che un termine, tradotto per il 99% con Dio, per un 1% delle volte non significhi Dio? Diventa difficile accettare questo cambio di valenza, a meno che non vi sia l'intenzione di nascondere qualcosa. Un successivo dubbio viene quando, sempre analizzando il versetto in ebraico dal codice masoretico, si nota che il termine Elhoim è anticipato dal termine פְתּוּלֵ֨י (nap̄·tū·lê), il quale è utilizzato solo in Genesi 30:8. Una sola volta in tutto il vecchio testamento! A questo punto abbiamo un termine utilizzato una sola volta e connesso al termine Elhoim che qui, i traduttori, non traducono come Dio, ma come “grande, tremendo, ecc”, due elementi sufficienti per rendere l'indagine eccitante. Per dissipare la nebbia, che sembra avvolgere questo versetto, il modo più utile è accedere al testo primo, utilizzato per le traduzioni di oggi. Si propone, di conseguenza, il versetto in ebraico

Genesi 30:8 dalla Bibbia Ebraica Stuttgartensia (interlineare inglese):

  • וַתֹּ֣אמֶר
    ō-mer
    And said
  • רָחֵ֗ל
    rā-ḥêl,
    Rachel
  • נַפְתּוּלֵ֨י
    nap̄-tū-lê
    wrestlings
  • אֱלֹהִ֧ים ׀
    ’ĕ-lō-hîm
    with great
  • נִפְתַּ֛לְתִּי
    nip̄-tal-tî
    I have wrestled
  • עִם־
    ‘im-
    with
  • אֲחֹתִ֖י
    ’ă-ḥō-ṯî
    my sister
  • גַּם־
    gam-
    and indeed
  • יָכֹ֑לְתִּי
    yā-ḵō-lə-tî;
    I have prevailed
  • וַתִּקְרָ֥א
    wat-tiq-rā
    So she called
  • שְׁמ֖וֹ
    šə-mōw
    his name
  • נַפְתָּלִֽי׃
    nap̄-tā-lî.
    Naphtali

Qui si propone la traduzione C.E.I. 2008 di Genesi 30:8:
“Rachele disse: "Ho sostenuto contro mia sorella lotte tremende e ho vinto!". E lo chiamò Nèftali.”

Come analizzato nell'introduzione, il punto in questione sono i due termini נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê e אֱלֹהִ֧ים ’ĕ-lō-hîm. Inoltre nel medesimo versato compaiono tre lemmi che condividono la stessa radice (נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê, נִפְתַּ֛לְתִּי nip̄-tal-tî, נַפְתָּלִֽי׃ nap̄-tā-lî) dal verbo ebraico פָתַל phatal. Questo verbo sembra significare (facciamolo dire al vocabolario di ebraico biblico più utilizzato dagli studiosi):

Brown-Driver-Briggs
[מָּתַל] (phatal) verb twist (Late Hebrew Pi`el and derivatives; Arabic ; Ethiopic ; Aramaic מְּתַל, chiefly derivatives, in figure senses; Syriac )

Sembrerebbe quindi attorcigliare, contorcere, aggrovigliare. Lo Brown-Driver-Briggs aggiunge:
Niph`al Perfect 1 singular נִמְּתַּלְתִּי עִם Genesis 30:8 I have wrestled (literally twisted myself) with; Participle עֲצַת נִפְתָּלִים Job 5:13 the plan of the tortuous; נִפְתָּל וְעִקֵּשׁ Proverbs 8:8 anything tortuous and twisted.

In questa precisazione viene anche fornito il significato di lottare, infatti il BDB traduce il verbo נִפְתַּ֛לְתִּי nip̄-tal-tî, del versetto 30:8, come “io, avevo lottato”, anche se specifica che letteralmente vorrebbe dire “contorcere se stessi”, quindi un qualcosa che richiede di fare movimenti aggrovigliati in presenza di qualcosa o qualcuno. A noi interessa un’indagine che possa avere un senso logico e che l’intelletto possa accettare, confermando se qui Elhoim vada tradotto come Dio, così come avviene nelle restanti volte della Bibbia, oppure sia corretto tradurlo come “grande, tremendo, ecc”. Per fare ciò è necessario avere le idee chiare. Ricapitolando, abbiamo tre parole che sembrano derivare dal verbo phatal, che tendenzialmente potrebbe significare combattere:

  1. Una di queste tre parole è certo essere un nome proprio di persona: Naphatali. E’ usato alla fine di questo versetto, con valenza giustificativa: cioè è usato come conseguenza di quanto accaduto prima. Tant'è che tutte le edizioni concordano con la traduzione del versetto in questi termini: “E perciò gli pose nome Neftali.”
  2. Uno è un verbo נִפְתַּ֛לְתִּי nip̄-tal-tî, e abbiamo visto sopra che può significare “avere lottato” o “attorcigliare se stessi”
  3. Uno è il lemma נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê che viene tradotto con “combattimenti, lotta, ecc”, e ha come radice il verbo [מָּתַל] (phatal) che vuol dire contorto, attorcigliato, ecc.

Il punto è a cosa si riferisce quest’ultimo termine che è tradotto così:

Brown-Driver-Briggs
[נַפְתּוּלִים] noun [masculine] plural wrestlings (compare √ Niph`al Perfect); — construct ׳נַפְתּוּלֵי א Genesis 30:8 wrestlings of God, i.e. mighty wrestlings

Ciò che è evidente è che siamo alla presenza di un nome maschile plurale, per cui una traduzione che usa la parola “combattimenti”, al posto di “lotta”, è da preferirsi. Tuttavia è strano leggere “Ho lottato i combattimenti di Dio (Elohìm) con mia sorella”. Chiedendo ad autorevoli traduzioni utilizzate a livello accademico, tipo la Riveduta 1927, troviamo il versetto messo in questa forma:

Genesi 30:8 dalla Riveduta 1927
“E Rachele disse: ‘Io ho sostenuto con mia sorella lotte di Dio, e ho vinto’. Perciò gli pose nome Neftali.”

La cosa interessante è che la medesima traduzione è utilizzata anche dall'edizione San Paolo, nella Genesi della collana Bibbia Ebraica Interlineare. Sembra, quindi, che anche gli esegeti della Riveduta 1927, e dell’edizione San Paolo, non se la siano stenti di tradurre il termine Elhoim in “straordinari, grandi, tremendi, ecc”, preferendo rendere la parola maschile plurale נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê con lotte (notoriamente un termine maschile?!?). Questo conferma che tradurre Elhoim con "tremende", così come fatto dalla C.E.I., è un po' troppo fuori dal senso biblico. A sostegno che anche qui Elhoim debba essere tradotto con Dio, ci sono le altre due traduzioni storiche del passo: La Vulgata latina, la traduzione ufficiale della Chiesa Cattolica, e la Settanta greca, la traduzione del vecchio testamento, fatta da circa settanta sapienti, dall'ebraico al greco intorno al III secolo a.C.

Di seguito trovate il versetto tratto dalle due versioni sopra menzionate:
Dalla Settanta >> 30:8 καὶ εἶπεν Ραχηλ Συνελάβετό μοι ὁ θεός, καὶ συνανεστράφην τῇ ἀδελφῇ μου καὶ ἠδυνάσθην· καὶ ἐκάλεσεν τὸ ὄνομα αὐτοῦ Νεφθαλι.
Dalla Vulgata >> 30:8 pro quo ait Rahel conparavit me Deus cum sorore mea et invalui vocavitque eum Nepthalim

Quindi Vulgata, LXX (Settanta), San Paolo e Riveduta 1927 rimangono fedeli al tradurre Elohim come Dio. Tuttavia il versetto della Settanta, figlio di una traduzione di saggi ebrei nel III a.C., fornisce alcuni spunti utili a comprendere meglio il testo e, sopratutto, il discorso delle "lotte di Dio". Di seguito si propone una traduzione letterale della versione greca della LXX:
30:8 E disse Rachele: ha fatto concepire me il Dio, e mi sono messa in mezzo con sorella mia e ho avuto l'abilità. E essa chiamato il suo nome Naphtali.

In effetti, qualcosina d’interessante ci fornisce questa traduzione. Il verbo Συνεβάλετό ha diversi significati, può indicare che una donna ha concepito, o che qualcuno è arrestato, o che qualcosa è preso, insomma indica il possedere fisico di qualcosa o qualcuno. Il fatto che si stia parlando di concepimento, qui, è fuori discussione. Sono i versetti prima che ci riferiscono che il contesto è quello del concepire e dare dei figli a Giacobbe. Inoltre la forma della frase "Soggetto Dio + pronome personale prima persona + azione riflessiva" è già attestata nel versetto 30:6, che viene tradotto "Dio mi ha fatto giustizia". Quindi la nostra traduzione "Dio mi ha fatto concepire" è in linea. Ora analizziamo la seconda parte del versetto greco. Il verbo συνανεστράφην significa mettersi in mezzo, letteralmente vivere tra, cioè trovarsi allo stesso livello. A questo punto è chiaro il significato del versetto se lo contestualizziamo: Rachele, gelosa della sorella, cerca di fornire discendenti a Giacobbe. Nel primo parto si rivolge a Dio con la frase (v. 30:6) "Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio". Nel secondo parto, che porta al versetto in esame qui, esclama (v. 30:8 tradotto da me): "Dio mi ha fatto concepire e ho potuto condividere la capacità di mia sorella". Il tutto torna coerentemente. Per cui tradurre Elhoim con il classico termine Dio, trova accordo intellettivo con il testo. Quindi il tema qual è? Perché la CEI, e altri autorevoli traduttori, qui traducono il lemma Elohim con “straordinari, tremendi, grandi, ecc”, e non con Dio? Il punto è che il testo ebraico masoretico, ritenuto una fonte più attendibile della Settanta (LXX), usa prima della parola Elhoim il termine נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê, che risulta essere, come detto nell'introduzione, l’unica concordanza: la numero 5319: נַפְתּוּלִים (naphtulim). Questo termine ha messo in crisi molti commentatori rinomati, anche dello stesso mondo ebraico. Prendendo in esame il commento fatto al versetto da Rabbi Shlomo Yitzhaqi (Rashi), esso si espone in questi termini:

Commento numero uno al versetto 30:8 di Rashi:
[...] Io, comunque, lo spiego nello stesso senso di (Deuteronomio 32: 5) "perverso e storto (עקש ופתלתול)". Sono stata persistente e ho fatto molte insistenze e lotte con Dio per diventare come mia sorella.

Questo commento denota come anche uno dei massimi commentatori ebrei rimane fedele al tradurre Elhoim con il termine Dio. Quindi il vero punto è capire il rapporto tra Rachele, Dio e la sorella, non i possibili altri lemmi da utilizzare per tradurre Elhoim. Cerchiamo quindi di comprendere il supponibile legame tra i tre protagonisti di questo contorto (pathal) versetto di Genesi. Sicuramente la cosa che salta immediatamente all'occhio è la differenza tra come la parola נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê è scritta nel testo del vecchio testamento, e come questa viene riportata in tutti i vocabolari נַפְתּוּלִים (naphtulim): nel testo biblico sembra volutamente mancare la ם (Mem) finale. Qui si potrebbero molto probabilmente aprire indagini di tipo ghematrico, ma non è questo il nostro campo d'indagine, lasciando questa ricerca a chi ama studiare la Kabbalah! A noi questa informazione serve solo per escludere il possibile ponte con il versetto di Matteo 4:13, che la C.E.I traduce così: "e [Gesù], lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali". In greco l'ultima parola di questo versetto è Νεφθαλίμ (Nephthalim), che ricorda molto la nostra concordanza 5319: nephtulim, ma siccome nel testo ebraico è usato naptule, senza la Mem finale, questa possibile unione tra i due versetti non può essere indagata. A questo punto proviamo a fare un esercizio di comprensione noi, senza avere pretese di riscrivere anni di esegesi e di commentari. Abbiamo appreso che già gli stessi rabbini rimangono fedeli al binomio Elhoim = Dio. Ciò che indagano è il rapporto che sussiste tra i tre protagonisti. In effetti la Settanta si orienta in questa direzione, ponendo un rapporto di lode tra Rachele e Dio e cercando di evidenziare come Rachele si sente ormai a livello della sorella. Quest'ultimo aspetto, quello del rapporto ormai diventato paritetico tra Rachele e la sorella, è avvallato anche dal commento di Rashi. Ciò in cui si discosta il rabbino medioevale è il rapporto tra Rachele e Dio, che sembra essere di non accettazione dello status quo da parte della donna. Rianalizzando i tre lemmi נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê, נִפְתַּ֛לְתִּי nip̄-tal-tî e פְתָּלִֽי׃ nap̄-tā-lî, aventi origine dal verbo פָתַל phatal (torcere, aggrovigliare, arrotolare, ecc), sembrano davvero avere qualcosa che li accomuna. Il nome messo al figlio, è palesemente una sintesi del rapporto tra Rachele e Dio. Un rapporto forse meno accondiscendente, ma più polemico in quanto Dio è identificato come la causa dell'infertilità di Rachele (Genesi 30:2 Giacobbe s’irritò contro Rachele e disse: «Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?»). La domanda è: siccome siamo in presenza di tre parole che derivano da un verbo che significa torcere, contorcere, arrotolare, in altre parole qualcosa che si ripiega e torna indietro, cos'è quella cosa aggrovigliata, contorta che possa risultare oscura, quasi ripiegata su se stessa e che possa indurre l'idea di rivolgersi contro? Rispettando il nome maschile plurale נַפְתּוּלֵ֨י nap̄-tū-lê: intrighi! Sospendete per un attimo il giudizio e pensate: gli intrighi che emozione vi suscita? Non si accorda a quanto dovrebbe dire un termine che porta in sé una valenza di contorsione e di ritorsione verso qualcuno/qualcosa? Proviamo così a utilizzare il lemma "intrighi" in una possibile traduzione interlineare, e capiamo se può starci.

Genesi 30:8 dalla Bibbia Ebraica Stuttgartensia (interlineare italiano da me tradotto):

  • וַתֹּ֣אמֶר
    wat-tō-mer
    E disse
  • רָחֵ֗ל
    rā-ḥêl,
    Rachel:
  • נַפְתּוּלֵ֨י
    nap̄-tū-lê
    Intrighi
  • ׀אֱלֹהִ֧ים
    ’ĕ-lō-hîm
    Elhoim
  • נִפְתַּ֛לְתִּי
    nip̄-tal-tî
    Io ho ribaltato / io mi sono rivoltata (trad. lett. del BDB - vedere sopra)
  • עִם־
    ‘im-
    Con
  • אֲחֹתִ֖י
    ’ă-ḥō-ṯî
    Mia sorella
  • גַּם־
    gam-
    Così
  • יָכֹ֑לְתִּי
    yā-ḵō-lə-tî;
    Io ho avuto il potere.
  • וַתִּקְרָ֥א
    wat-tiq-rā
    Così ella chiamò
  • שְׁמ֖וֹ
    šə-mōw
    Il suo nome
  • נַפְתָּלִֽי׃
    nap̄-tā-lî.
    Naphtali.

In questi termini la frase verrebbe:
(Mia traduzione) E disse Rachel: “Mi sono ribellata agli intrighi di Dio, così ho acquisito la facoltà di mia sorella”. Così lo chiamò Naphtali.

Abbiamo preferito tradurre il verbo nip̄-tal-tî nella versione riflessiva e con valenza di andare contro, quindi ribellarsi! A questo punto la nostra traduzione è plausibile? Si! La parola “intrighi” è un nome maschile plurale, esattamente come l'ebraico nap̄-tū-lê. Inoltre rende l'idea del torcere, aggrovigliare, andare contro ecc, che sono i significati del verbo che da origine alla parola nap̄-tū-lê. Inoltre si accorda al senso che Rashi ha trasmesso nella sua nota riguardante questo versetto. Allora se tutto sembra tornare, perché l'esegesi ufficiale non traduce in questo modo? Molto probabilmente è per evitare un problema teologico. In questi termini, così come lo abbiamo tradotto noi, sembra che Dio si diverta ad andare conto Rachele e, inoltre, la volontà di questa abbia la meglio su Dio, e ciò sarebbe difficile da giustificare con l'idea ellenistica del Dio onnipotente che abbiamo. Se fosse accetta questa traduzione, qualcuno potrebbe subito obiettare che qui si dimostra la limitatezza divina. Insomma, un versetto posto in questi termini aprirebbe a problemi teologici non indifferenti. Ma allora perché Rashi, rabbino ebreo, non si è fatto problemi a identificare un conflitto tra Rachele e Dio, con la donna vincitrice? Perché per gli ebrei studiosi è abbastanza naturale interpretare il rapporto tra gli uomini e Dio in modo molto meno ellenistico. Siamo noi, figli del neo-platonismo, che abbiamo nella nostra cultura un concetto di Dio lontano da quello realmente veicolato dalla Bibbia.