Diamo inizio a una serie di articoli, che hanno come obiettivo quello di trattare un tema particolare: il valore delle traduzioni. Normalmente nelle assemblee delle celebrazioni religiose, i vari sacerdoti evitano accuratamente di trattare il tema traduzioni. Prendono un brano dai testi sacri (nel caso dei cristiani il vecchio o il nuovo testamento) e lo leggono così come tradotto in volgare, senza minimamente prestare attenzione alla questione della lingua con cui ci è pervenuto a noi oggi. Ovviamente questo vale un po’ per tutte le religioni, ma per quella Cristiana Cattolica sembra esserci dietro un profondo rifiuto a presentare, ai fedeli, i testi nella lingua con i codici più antichi sono scritti. Taluni illuminati si rifanno alla Nuova Vulgata, scritta in latino, che è considerata la base per le traduzioni in volgare della Bibbia Cattolica. Tuttavia anche questa, a sua volta, è una traduzione dall’ebraico, per il vecchio testamento, e dal greco, per il nuovo testamento; quindi illuminato o no, il modo più efficace per trasmettere i messaggi contenuti in testi sacri, è quello di accedere alle fonti primarie. Ovviamente non è necessario che il popolo tutto conosca le lingue come il greco, l’aramaico, l’ebraico o il latino, ma è sufficiente che i sacerdoti appaghino l’intelletto degli ascoltatori proponendo, in modo trasparente, il significato dei termini presenti nei testi, permettendo così a tutti di accedere al significato più antico, che oggi la filologia moderna propone come il più vicino al messaggio veicolato dai protagonisti dei testi sacri.
Prendiamo per esempio il classico termine fede, che nei vangeli è veicolato tramite il termine πίστιν (pistin). Ma se noi prendiamo il testo in greco e lo contestualizziamo, comprendiamo subito che il termine teologico “fede” ha una valenza molto più concreta. Per esempio:
Marco 2:1-5 (edizione greca Nestle-Aland 28° edizione con traduzione interlineare)
1 Καὶ εἰσελθὼν πάλιν εἰς Καφαρναοὺμ δι’ ἡμερῶν ἠκούσθη ὅτι ἐν οἴκῳ ἐστίν. 1 E esso è entrato ancora in Cafàrnao dopo giorni. Si fu conosciuto ciò nella casa lui è
2 καὶ συνήχθησαν πολλοὶ ὥστε μηκέτι χωρεῖν μηδὲ τὰ πρὸς τὴν θύραν, καὶ ἐλάλει αὐτοῖς τὸν λόγον. 2 E erano riuniti insieme molti, così che no altri avere spazio nemmeno alla porta; e egli stava parlando a loro le parole
3 Καὶ ἔρχονται φέροντες πρὸς αὐτὸν παραλυτικὸν αἰρόμενον ὑπὸ τεσσάρων. 3 E essi arrivano portando a Lui un paralitico, essere trasportato da 4
4 καὶ μὴ δυνάμενοι προσενέγκαι αὐτῷ διὰ τὸν ὄχλον ἀπεστέγασαν τὴν στέγην ὅπου ἦν, καὶ ἐξορύξαντες χαλῶσιν τὸν κράβαττον ὅπου ὁ παραλυτικὸς κατέκειτο. 4 E non essendo in grado avvicinarsi a Lui per conto della folla, essi rimossero il tetto dove Lui era, e avendo rotto questo essi hanno calato la barella in cui il paralitico stava sdraiato.
5 καὶ ἰδὼν ὁ Ἰησοῦς τὴν πίστιν αὐτῶν λέγει τῷ παραλυτικῷ· τέκνον, ἀφίενταί σου αἱ ἁμαρτίαι. 5 E avendo visto Jesus la fede di loro, Esso disse al paralitico: “Figlio sono perdonati a te i peccati
Tenendo per buona la traduzione ἁμαρτίαι (hamartiai) con il lemma peccati, anche se letteralmente vorrebbe dire aver sbagliato a centrare l’obiettivo, concentriamoci sul termine fede. Il termine greco πίστιν (pistin) è il numero 4102 πίστις (pistis) delle concordanze del nuovo testamento. E’ utile sapere che ogni lemma, presente nei testi antichi, è catalogato in una sorta di elenco, con una numerazione progressiva utile per comprendere quante volte la parola è ripetuta nel testo in esame, e quali sono i possibili altri significati che assume quel lemma. Nel caso della conscordanza 4102 πίστις (pistis), sappiamo che viene usata scritta πίστιν (pistin) per 55 volte, scritta πίστις (pistis) per 36 volte, usata scritta πίστει (pistei) per 58 volte e usata scritta πίστεως (pisteōs) 94 volte, tutte tradotte con il vocabolo italiano fede. La domanda a questo punto è: tutti questi lemmi significano davvero fede? O meglio, hanno davvero la valenza teologica che diamo noi oggi alla parola fede? Nel gergo comune, oggi, quando si parla di fede, s’intende Il fatto di credere con assoluta convinzione nella verità e giustezza di un assunto, in questo caso nella persona di Gesù. Ma vediamo di capire meglio cosa vuol dire il termine pistis. Il Greek-English New Testament dice:
4102 pístis (from 3982/peithô, “persuade, be persuaded”) – properly, persuasion (be persuaded, come to trust); faith.
Sostanzialmente la prima definizione è persuasione. Il termine vuol dire, nell’accezione più pura, persuadere. E se rileggiamo il brano sopra, è pure appropriato. I nostri protagonisti non riescono ad arrivare a portare il paralitico davanti Gesù, per far si che lui lo curi, a causa della numerosità della folla, e pur di ottenere quello che vogliono, scoperchiano la casa. Insomma un gesto veramente estremo e sicuramente molto persuasivo. Voi non vi sentireste persuasi se qualcuno, pur di incontrarvi, spostasse le montagne? Ebbene Gesù fa il suo gesto di accordare ciò che desiderano i protagonisti solo dopo che si sono spostate le montagne e non prima. Quindi il senso di fede, così come veicolato da anni dalla dottrina cattolica, non è sufficiente. Per ottenere ciò che si vuole bisogna persuadere. Oggi diremmo: bisogna sapere cosa si vuole, perché lo si vuole e agire con determinazione per ottenerlo. Insomma la sola fede, intesa come credenza forte in Gesù, non è sufficiente a far si che il “miracolo” avvenga.
Per essere certi che tale traduzione sia accettabile e applicabile alla concordanza 4102 πίστις (pistis), prendiamo un altro passo di esempio. Nello specifico caso ne prendiamo uno che ha, per nostra fortuna, riscontro in due vangeli: Matteo e Marco. Il passo che ora andremo a esaminare assieme è la famosa pericope della donna pagana che interagisce con Gesù per ottenere la guarigione della figlia. Il passo è famoso per la classica immagine dei cagnolini che mangiano le briciole che cadono dal tavolo del padrone. Normalmente viene sintetizzato con la grande fede dalla donna. Ora, capiamo, partendo dai testi greci, cosa vuol dire quella fede e se anche qui si può applicare il concetto di persuasione, che farebbe cambiare completamente l’interpretazione del comportamento di Gesù.
Normalmente quando si legge questa pericope, si espone quella di Matteo, eccovela:
Marco 15:21-28 (edizione greca Nestle-Aland 28° edizione con traduzione interlineare)
21 Καὶ ἐξελθὼν ἐκεῖθεν ὁ Ἰησοῦς ἀνεχώρησεν εἰς τὰ μέρη Τύρου καὶ Σιδῶνος. 21 E essendo andato avanti da lì, Jesus ritirato nel distretto di Tiro e Sidone.
22 καὶ ἰδοὺ γυνὴ Χαναναία ἀπὸ τῶν ὁρίων ἐκείνων ἐξελθοῦσα ἔκραζεν λέγουσα· ἐλέησόν με, κύριε υἱὸς Δαυίδ· ἡ θυγάτηρ μου κακῶς δαιμονίζεται. 22 E vedere una donna Cananea dalla regione stessa, essendovi avvicinata, stava gridando, detto: “Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide la figlia mia miserabilmente è posseduta da un demone
23 ὁ δὲ οὐκ ἀπεκρίθη αὐτῇ λόγον. καὶ προσελθόντες οἱ μαθηταὶ αὐτοῦ ἠρώτουν αὐτὸν λέγοντες· ἀπόλυσον αὐτήν, ὅτι κράζει ὄπισθεν ἡμῶν. 23 E non lui ha risposto a lei una parola. E essendo venuti i discepoli di Lui, stavano implorando lui, dicendo: “Libera lei, perché lei piange dietro a noi”.
24 ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν· οὐκ ἀπεστάλην εἰ μὴ εἰς τὰ πρόβατα τὰ ἀπολωλότα οἴκου Ἰσραήλ. 24 E rispondendo Lui ha detto: “Non Io sono stato inviato, se non per le pecore diventate perse della casa di Israele”.
25 ἡ δὲ ἐλθοῦσα προσεκύνει αὐτῷ λέγουσα· κύριε, βοήθει μοι. 25 E essendo venuta, lei stava a terra baciando i piedi a Lui, disse: “Signore, aiuta me!”.
26 ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν· οὐκ ἔστιν καλὸν λαβεῖν τὸν ἄρτον τῶν τέκνων καὶ βαλεῖν τοῖς κυναρίοις. 26 E rispondendo, Lui ha detto: “Non è corretto prendere il pane dei figli, e lanciare esso ai cani
27 ἡ δὲ εἶπεν· ναὶ κύριε, καὶ γὰρ τὰ κυνάρια ἐσθίει ἀπὸ τῶν ψιχίων τῶν πιπτόντων ἀπὸ τῆς τραπέζης τῶν κυρίων αὐτῶν. 27 E essa disse: “Si, Signore, anche però i cani mangiano le briciole cadute dalla tavola del padrone di essi”.
28 τότε ἀποκριθεὶς ὁ Ἰησοῦς εἶπεν αὐτῇ· ὦ γύναι, μεγάλη σου ἡ πίστις· γενηθήτω σοι ὡς θέλεις. καὶ ἰάθη ἡ θυγάτηρ αὐτῆς ἀπὸ τῆς ὥρας ἐκείνης. 28 Poi risposte, Jesus dicendo a lei: “O donna, grande in te la fede! Sia a te come tu desideri.” E è stata guarita la figlia di lei da quell’ora.
Anche Matteo utilizza il termine πίστις (pistis) tradotto come fede. Leggendo bene il brano, non può non essere venuto qualche dubbio in merito a questa fede. Infatti la donna, che come dice chiaramente Gesù, non è figlia di Israele, il brano lo specifica pure: lei è cananea (quindi non della famiglia delle dodici tribù) non è invitata a tavola, per questo Gesù specifica di essere mandato (e qui si potrebbe introdurre un altro quesito: quindi qualcuno l’ha ingaggiato?) solo per le pecore smarrite dei figli di Israele, di conseguenza a lei non spetta nulla. Ora attenzione, perché per ottenere quello che desidera, la donna si deve buttare a terra baciando i piedi di Gesù e deve pure usare una forma dialettica che oggi viene adoperata nella comunicazione efficace: assecondare la risposta di Gesù, in più umiliandosi maggiormente attraverso l’assomilianaza al cagnolino affamato che aspetta le briciole che cadono dal tavolo. Solo dopo aver fatto questo gesto di sottomissione, Gesù acconsente a che il suo desiderio si realizzi. Insomma, anche qui la donna ha dovuto persuadere Gesù.
Può sembrare troppo? Il bello è che di questo passo abbiamo anche la versione di Marco che, guarda caso, è un vangelo antecedente a Matteo (inteso come periodo di redazione) per cui, probabilmente, più autentico nelle parole pronunciate da Gesù. Nella medesima pericope di Marco si legge
Marco 7:24-30 (edizione C.E.I. 2008)
24 Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. 25 Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. 26 Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. 27 Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 28 Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». 29 Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». 30 Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.
Qui Gesù è chiaro, per questa tua parola! Insomma, siccome sei stata brava a parlare, ottieni ciò che vuoi. In altri termini, mi hai convito! Potete girarla come volete, ma il concetto di fede è questo! Se non si convince Gesù, non si ottiene ciò che si vuole! La fede, intesa – di nuovo – come credenza ferma che Gesù è il salvatore, è di una fallacia incredibile. Senza l’azione persuasiva/determinata delle persone, Gesù non fa un bel niente. In effetti il tutto torna con alcune sue massime che sono entrate nel dire comune: “bussa e ti sarà aperto”, “chiedi e ti sarà dato”. Insomma l’azione di insistere, di volere qualcosa e per questo mettere in campo ogni azione utile per ottenerlo, è coerente in tutte le parole e azioni di Gesù. Il punto è che la Chiesa ha omesso questo per oltre 1800 anni, oppiando la società con l’idea del Gesù che salva tutti quelli che hanno fede in Lui. Beh, la fede che Gesù sembra chiedere e ben altra cosa!
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